Il codice a barre agita la Formula 1:

"Pubblicità occulta per le sigarette"

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  1. Bmw94
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    Il codice a barre agita la Formula 1:
    "Pubblicità occulta per le sigarette"


    Il Times accusa la Ferrari che replica: «Inchiesta senza base scientifica e il disegno non riguarda la Philip Morris»

    I l Times attacca il Cavallino: «La Ferrari fa pubblicità subliminale alle sigarette». Secondo il quotidiano londinese, che cita «eminenti specialisti», sotto accusa sono i loghi «mascherati» posti sulle monoposto di Maranello, grandi codici a barre rossi bianchi e neri, inseriti sui cofani dei motori. Le norme dell’Unione Europea vietano la réclame dei prodotti del tabacco nei Gran Premi. La scuderia italiana sponsorizzata dalla Philip Morris - sostiene il giornale inglese - sostituisce il marchio del partner con questo che campeggia sulle monoposto e sulle tute dei piloti.

    E per un portavoce del Commissario alla Salute pubblica dell’Ue la scelta grafica porterebbe il pubblico a ricordare un pacchetto di sigarette Marlboro. La storia diventa di attualità a pochi giorni dalla prima tappa europea del Mondiale di Formula 1: Gp di Spagna la prossima settimana a Barcellona. Il portavoce Ue avrebbe già sollecitato un intervento del governo iberico per verificare un’eventuale violazione da parte della Philip Morris. Analoga richiesta sarebbe stata inoltrata alle autorità britanniche in vista del gp di Silverstone, l’11 luglio. Il contratto che vincola Philip Morris e Ferrari fino al 2011, per il Times, varrebbe complessivamente 1 miliardo di dollari. «Cifra non corretta - dicono a Maranello - quella reale è più bassa».

    Il Times ha riportato la posizione ufficiale della Philip Morris che si dice sicura di aver rispettato le regole: «Siamo fiduciosi che la nostra partnership con la Ferrari non violi la legge britannica del 2002 sulla pubblicità del tabacco e il Promotion Act. Il Gp di Gran Bretagna non coinvolge monoposto, equipaggiamenti o insegne che rechino brand associabili al tabacco. Lo stesso vale per tutte le gare nel mondo». Ferma anche la posizione della Ferrari che confuta le accuse sostenute dal quotidiano inglese: «Gli articoli sono basati su due presupposti: che alcuni motivi grafici richiamino il logo Marlboro e che, addirittura, il colore rosso che contraddistingue le nostre vetture sia una forma di pubblicità del tabacco.

    Entrambi gli argomenti non hanno alcuna base scientifica». Maranello ha spiegato anche la scelta della colorazione delle vetture: «Il cosiddetto codice a barre costituisce parte integrante della livrea della macchina e di tutta l’immagine coordinata della scuderia, tanto è vero che viene modificato ogni anno e, talvolta, anche durante la stagione. Peraltro, se si trattasse di un marchio pubblicitario, dovrebbe esistere una sua tutela legale da parte della Philip Morris». Il portavoce del team ha precisato il rapporto che esiste fra squadra e sponsor: «La nostra partnership si concretizza ormai solamente in alcune iniziative, come visite alla fabbrica da parte dei suoi clienti, incontri con i piloti, produzione di merchandising, il tutto svolto nel pieno rispetto delle leggi applicabili nei vari Paesi. Nessun logo o marchio appare sulle monoposto dal 2007, anche nei Paesi dove la legge lo consentirebbe».

    L’affondo del Times non è andato decisamente giù alla casa di Maranello che contesta l’interpretazione del potere subliminale del colore rosso: come può, dicono, la semplice vista di una Ferrari essere ancora più efficace di una pubblicità delle sigarette? «Come dovrebbe essere giudicata - continuano - la scelta di altri team di Formula 1 che corrono con una macchina con una livrea prevalentemente rossa, oppure l’immagine di un pilota che guida una vettura sportiva dello stesso colore? Forse anche queste aziende vogliono pubblicizzare il fumo? Il rosso è il colore che contraddistingue le vetture da corsa italiane sin dagli albori dell’automobilismo sportivo. L’associazione è semmai immediata con la nostra azienda piuttosto che con il nostro partner». A Maranello c’è il sospetto che la vicenda sia orchestrata da rivali invidiosi: la Ferrari gode di sponsor importanti e quindi di finanziamenti che sostengono l’attività sportiva. Non a caso sottolineano come gli attacchi arrivino prevalentemente dall’Inghilterra.
     
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