Milito, da Principe a Re di Madrid

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  1. Bmw94
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    Milito, da Principe a Re di Madrid

    L'argentino aveva già realizzato il gol scudetto e la rete nella finale di
    Coppa Italia


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    Il «Franchi» di Siena sta in uno spicchio del Bernabeu, come nelle matrioske potrebbe uscire da una delle quattro torri che sostengono lo stadio di Madrid. Ma c’è un uomo in campo per cui non fa nessuna differenza, all’Inter l’hanno preso per decidere la storia e lui obbedisce. Prima lo scudetto e poi la coppa dei campioni. Diego Milito, ancora una volta lui. Se l’Inter vince la coppa dei campioni dopo 45 anni è grazie a questo hidalgo dal naso adunco e dalle poche parole. Due gol, il Bayern è minuscolo, lui un gigante. Finisce la partita, l’Inter è campione d’Europa e lui salta in braccio a Maicon. Urla la sua gioia con il poco fiato che gli è rimasto: «Sono troppo felice per questo successo. Il calcio ti dà sempre una rivincita, io ho lottato e imparato e ora che ho 30 anni sono stato ripagato. L’hanno prossimo? Non lo so, io sto bene in questa società, mi ha dato la possibilità di vincere. Ma conosco il calcio, non si sa mai. Giuro, però, con Mourinho non ho mai parlato del Real».

    La tentazione è questa. Ma non è notte per i peccati. Ha atteso la storia Diego Milito e poi l’ha fatta. La finale parte collosa come la sera che avvolge il Bernabeu, l’Inter aspetta il Bayern che aspetta l’Inter. Risultato: non succede nulla. Surplace. Tutti allineati, lui, Diego, là davanti e in mezzo a due colossi di terracotta, De Michelis e Van Buyten. Lo schema è quello che ha seminato il terrore in tutta Europa, Mourinho lo provò per la prima volta a Stamford Bridge, nella notte in cui piallò il proprio passato, e da allora non l’ha mai più mollato. Un po’ Archimede Pitagorico, un po’ Helenio Herrera il portoghese ha scritto le nuove tavole della storia nerazzurra.

    La costante è sempre il Principe argentino isolato, là nel suo regno. Il primo tempo scivola sul prato smeraldo, si vedono strafalcioni non degni di una finale, ma comprensibili proprio perché capitano in una finale. Eto’o e Pandev, nell’orologio di Mourinho, sono le lancette che scandiscono il tempo sulle corsie, ma girano troppo lentamente per dare il ritmo. Milito no: tocca tre palloni e non ne sbaglia uno. Con lui diventano quattro: ricicla, riadatta. A Siena ha deciso lui lo scudetto, ha trascinato l’Inter fuori da un incubo che stava prendendo forma.

    È arrivato tardi l’argentino, ha girato le periferie del calcio senza perdere la strada. Nel giorno dello scudetto ha corso e urlato all’impazzata, liberandosi per un giorno di tutti i cliché che gli abbiamo appiccicato. La notte di Madrid lo aspetta, lui le va incontro con un passo felpato. Lo scambio con Sneijder è una declinazione impeccabile, il Principe sbriciola De Michelis e la sua ombra, aspetta una frazione di secondo, il giusto perché Butt si sdrai per terra. Un volo d’angelo verso la gloria, bocca spalancata a cercare l’ossigeno, un urlo che trafigge la notte del Bernabeu. Maradona se lo porterà ai mondiali, ma non è detto da titolare. Capace, il ct, di preferirgli quel paracarro di Martin Palermo.

    Diego contro Diego, ma questa è un’altra storia. Per un Principe questa notte è troppo piccola, prova a restituire il favore a Sneijder, ma il destino ha scritto che la tacca sul Bernabeu ce la deve mettere lui. Rapace e rapinoso, sta nel cuore della difesa del Bayern, De Michelis e Van Buyten ogni tanto si rianimano come fossero belle statuine. Scene da «Una notte al museo»: in una di queste Milito scoperchia il bluff di una squadra che Van Gaal ha presentato come divertente, dimenticandosi di avvertire che l’unica cosa veramente allegra era la difesa. Milito si infila tra le maglie, ne stuzzica l’appetito: una brusca frenata, questa volta le gambe che si ingarbugliano sono quelle di Van Buyten.

    Sesto gol in Champions league: Milito 2 Bayern 0. Dirà: «È il gol che prerisco, più bello e più importante». L’argentino corre verso la bandierina del corner, ci fosse una prateria non si fermerebbe mai. Lo affogano di abbracci, quando riemerge strizza gli occhi, gonfia i polmoni ma fatica a respirare. La gloria è capace di toglierti il fiato. Mourinho gli regala il tappeto rosso, esce che sembra più grande di tutto il Bernabeu.
     
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